CLL e MCL: Conferenza annuale della SOHO 2022
Approfondimenti sui nuovi dati relativi agli inibitori di BTK per il trattamento della leucemia linfatica cronica (CLL) e del linfoma mantellare (MCL) come emersi dalla Conferenza annuale della SOHO 2022

Released: November 28, 2022

Expiration: November 27, 2023

Christopher R. Flowers
Christopher R. Flowers, MD, MS
Kami Maddocks
Kami Maddocks, MD

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Punti salienti

  • I primi studi condotti su pirtobrutinib nel trattamento del linfoma mantellare hanno mostrato lefficacia del prodotto in pazienti pretrattati, inclusi i pazienti che avevano già assunto inibitori di BTK
  • I dati dello studio di Fase III hanno mostrato un vantaggio in termini di sopravvivenza libera da progressione per ibrutinib/venetoclax rispetto a clorambucile/obinutuzumab nei pazienti anziani e unfit con leucemia linfatica cronica non precedentemente trattata

Continuano a emergere nuovi dati sui trattamenti del linfoma mantellare (MCL) e della leucemia linfatica cronica (CLL). In questa discussione, il dott. Christopher R. Flowers e la dott. ssa Kami Maddocks commentano gli studi specifici presentati alla Conferenza annuale della SOHO 2022 sugli inibitori di BTK e il loro potenziale impatto sugli attuali standard di trattamento delle due neoplasie ematologiche.

LMC: BRUIN

Dott.ssa Kami Maddocks:
Lo studio BRUIN ha valutato pirtobrutinib, un inibitore di BTK non covalente o reversibile che si distingue dai tre inibitori di BTK attualmente approvati per il trattamento della MCL, che sono tutti inibitori covalenti o irreversibili, approvati nel setting di malattia recidivante/refrattaria (R/R) dopo una o più linee precedenti.

Questo è stato uno studio di Fase I/II condotto su 134 pazienti con MCL R/R, di cui 111 valutabili per i risultati. La maggior parte dei pazienti (100) aveva assunto in precedenza una terapia a base di inibitori di BTK e di questi alcuni erano andati in progressione e altri avevano interrotto il trattamento per altri motivi. Il 51% di questi pazienti ha risposto a pirtobrutinib. In genere, i pazienti che progrediscono con uno degli inibitori di BTK approvati non ottengono risposta se cambiano di agente covalente. Ma possiamo passare a un altro inibitore di BTK per motivi di tossicità e vedere una risposta, con o senza la stessa tossicità. È interessante notare che, pur legandosi in modo diverso, questo nuovo tipo di inibitore di BTK può ancora portare una risposta ai pazienti che sono progrediti dopo una precedente linea di terapia con un inibitore di BTK.

Nella ridotta percentuale di pazienti naive agli inibitori di BTK (11 pazienti), il tasso di risposta globale è stato molto più elevato (82%) ma senza un confronto testa a testa, cosa probabilmente simile a quanto osserviamo con i tre inibitori di BTK approvati. Il numero mediano di terapie precedenti era di tre, con un ridotto numero di pazienti maggiormente pretrattati, che aveva effettuato trapianto e precedente terapia cellulare. In termini di durata della risposta, sebbene il follow-up mediano sia relativamente breve, nei pazienti che hanno risposto al trattamento, quasi due terzi hanno mantenuto la risposta al follow-up mediano a 8 mesi.

Non si sono osservate tossicità limitanti il dosaggio nella Fase I. Le tossicità più comuni di qualsiasi grado sono state stanchezza (in almeno il 20% dei pazienti), diarrea, neutropenia e contusioni. Alcune delle tossicità più preoccupanti degli inibitori di BTK (quali lividi, emorragia, emorragia grave e fibrillazione atriale) si sono verificate in una piccola percentuale dei pazienti trattati con pirtobrutinib: 8% ha avuto emorragia di qualsiasi grado e 2% ha avuto fibrillazione/flutter atriale. Solo l1% (6 pazienti) ha dovuto interrompere il trattamento a causa di eventi avversi correlati. Pertanto, al momento, pirtobrutinib sembra avere un profilo di tossicità favorevole.

Per riassumere, questo inibitore di BTK si lega in modo diverso, agisce nei pazienti che sono progrediti con altri inibitori di BTK e sembra avere una buona sicurezza. Lo studio di Fase III attualmente in corso, BRUIN-MCL-321 (NCT04662255), sta randomizzando pazienti con MCL precedentemente trattati ma naive agli inibitori diBTK dove un braccio sta assumendo pirtobrutinib e laltro braccio sta assumendo uno dei tre inibitori di BTK approvati e scelto dai ricercatori. Al momento, sembra che pirtobrutinib possa essere unopzione nel setting di progressione su un inibitore covalente di BTK, se dovesse ottenere lapprovazione. Con lo studio di Fase III in corso, capiremo se questo è davvero il setting futuro per questo agente o se pirtobrutinib sarà linibitore di BTK di prima scelta, considerato prima degli altri inibitori di BTK approvati.

Dott. Christopher R. Flowers:
In questo studio sono rimasto colpito dallelevata percentuale di pazienti che hanno già assunto un inibitore di BTK. So che non è appropriato fare confronti testa a testa tra studi, ma guardando al profilo di tossicità, come si confronta pirtobrutinib con gli altri inibitori di BTK, secondo lei, nello specifico gli inibitori di BTK di seconda generazione e successive?

Dott.ssa Kami Maddocks:
Complessivamente, sembra che pirtobrutinib abbia un profilo di sicurezza migliore, anche in termini di eventi avversi preoccupanti. In particolare, gli eventi cardiaci sembrano essere più favorevoli degli inibitori covalenti di BTK di seconda generazione. Ma questa è sola una mia valutazione preliminare considerato il follow-up così breve. Penso che lo studio randomizzato ci mostrerà se questo profilo di tossicità è realmente accurato e con un follow-up più lungo vedremo se vi è un accumulo di tossicità.

Dott. Christopher R. Flowers:
Cosa ne pensa dei risultati di pirtobrutinib nelle altre popolazioni con MCL che sono normalmente difficili da trattare nel setting recidivante, ad esempio i pazienti che recidivano dopo il trapianto di cellule staminali o la terapia CAR-T?

Dott.ssa Kami Maddocks:
Pirtobrutinib ha avuto unattività simile nei pazienti recidivanti dopo il trapianto o la terapia CAR-T, ma il numero di pazienti entrati in progressione dopo la terapia CAR-T in questo studio è stato così esiguo (6 pazienti) che penso sia troppo presto per arrivare a conclusioni. Auspicabilmente, quando i dati saranno più maturi, avremo più informazioni sugli outcome di questi diversi gruppi di pazienti.

LLC: GLOW

Dott. Christopher R. Flowers:
Lo studio GLOW ha valutato la combinazione ibrutinib/venetoclax rispetto a clorambucile/obinutuzumab in pazienti affetti da CLL non precedentemente trattati. Questo studio ha valutato la combinazione dellinibitore di BTK con venetoclax in un periodo di tempo alquanto limitato. In totale, sono stati somministrati 12 cicli nella terapia di combinazione orale dopo un lead-in con ibrutinib, e questo è stato confrontato con la combinazione clorambucile/obinutuzumab, che è il regime approvato in prima linea per i pazienti CLL. Lo studio ha incluso pazienti anziani e unfit ma non pazienti con una mutazione nota del gene TP53 o delezione del cromosoma 17p. Qui sono stati somministrati 6 cicli di clorambucile/obinutuzumab , quindi ancora un periodo di tempo limitato.

Lo studio ha mostrato una sopravvivenza libera da progressione (PFS) superiore con la combinazione ibrutinib/venetoclax rispetto a clorambucile/obinutuzumab e un beneficio costatnte al follow-up di 34 mesi. La PFS a 30 mesi è stata di quasi 81% nel gruppo ibrutinib/venetoclax e del 36% nel gruppo clorambucile/obinutuzumab. Non ci sono ancora dati che suggeriscono un vantaggio di sopravvivenza globale ma il follow-up per questo studio è ancora relativamente breve, con curve di PFS abbastanza distinte nelle due popolazioni.

Sono stati anche presentati i dati relativi alla malattia minima residua (MRD) non rilevabile usando saggi che definiscono lMRD non rilevabile al livello di 10-4 e 10-5. La MRD è stata misurata nel midollo osseo e nel sangue periferico, e si è osservato che la combinazione ibrutinib/venetoclax produce più comunemente MRD non rilevabile. Un esempio di ciò viene dallosservazione del livello 10-5, losservazione più sensibile della MRD, nel compartimento midollo osseo, dove circa il 41% dei pazienti nel braccio ibrutinib/venetoclax aveva una MRD non rilevabile rispetto a circa l8% dei pazienti nel braccio clorambucile/obinutuzumab. Inoltre, il vantaggio della MRD si è mantenuto nei vari sottogruppi prespecificati (ad esempio per età, stato della malattia secondo lEastern Cooperative Oncology Group, Cumulative Illness Rating Scale nei pazienti CLL, stadio Rai, malattia bulky, lattato deidrogenasi elevato alla baseline, stato mutazionale delle immunoglobuline (IGHV) e delezione del cromosoma 11q).

È stata studiata la dinamica della MRD nella fase di post-trattamento e la MRD non rilevabile sostenuta, definita come ripetute misure di MRD non rilevabile ai mesi 3 e 12 dopo la fine del trattamento. Questo parametro è stato di 80,4% per il braccio ibrutinib/venetoclax rispetto al 26,3% utilizzando il livello 10-5. Questo suggerisce che non solo i pazienti raggiungono una remissione profonda ma che tale remissione profonda è mantenuta anche dopo linterruzione della terapia, a supporto di un approccio terapeutico limitato nel tempo. Questi dati sono piuttosto interessanti per luso della combinazione ibrutinib/venetoclax nel setting CLL.

Questa combinazione è stata studiata in altri setting, incluso la MCL. Dr. Maddocks, cosa pensa di questi dati nella CLL? Quale potrebbe essere limpatto sui pazienti CLL e anche sui pazienti MCL in cui si potrebbe ipotizzare questo approccio?

Dott.ssa Kami Maddocks:
Penso che siano dati interessanti. Per quanto riguarda la CLL, sappiamo che linibizione di BTK in prima linea è una buona opzione terapeutica. Sappiamo anche che la combinazione venetoclax/obinutuzumab è una buona opzione terapeutica di prima linea a tempo limitato. Da qui la mia domanda: la combinazione di un inibitore di BTK con venetoclax è migliore dei singoli regimi attualmente approvati? Penso che la terapia a tempo limitato sia una buona opzione perché quando si sceglie un inibitore di BTK in prima linea, lo si continua fino a progressione di malattia e alcuni pazienti ottengono risposte molto lunghe, ma può esserci una tossicità cumulativa e sicuramente conseguenze per i pazienti. Come pensa che questi dati possano influenzare la pratica di trattamento nella CLL?

Dott. Christopher R. Flowers:
Penso che questi dati ci diano nuove opzioni di trattamento in questo setting ma attendo i dati maturi prima di considerare questo approccio nella mia pratica. Ma è positivo avere opzioni a tempo limitato con gli inibitori di BTK, in particolare nella CLL di prima linea, dove talvolta i pazienti hanno malattia relativamente indolente. A volte è un compromesso difficile tenere sotto controllo una malattia relativamente indolente con una terapia che il paziente deve assumere per il resto della vita o fino a progressione. Sono contento di vedere una terapia a tempo limitato come potenziale opzione in questo setting.

Dott.ssa Kami Maddocks:
Sono daccordo e ci sono anche dati su possibili combinazioni interessanti nella MCL. Sappiamo che gli inibitori di BTK sono efficaci in monoterapia nel setting di seconda linea e sappiamo anche che la maggior parte dei pazienti sviluppa resistenza o progredisce con questa terapia. Si è fatto quindi un enorme sforzo per migliorare i tassi di risposta e la durata della risposta negli inibitori di BTK ad agente singolo. Lo studio in corso di Fase III, SYMPATICO (NCT03112174) confronta la randomizzazione di ibrutinib in monoterapia con la combinazione di ibrutinib e venetoclax nel trattamento della MCL R/R. Se da questo studio dovesse emergere un miglioramento degli endpoint primari, che includono la sicurezza e lefficacia della combinazione nel setting della MCL R/R, la pratica potrebbe cambiare. Auspichiamo di vedere i risultati dello studio tra circa un anno.

Ci sono anche studi che valutano questa strategia in prima linea. Lo studio di fase I/II OAsIs ha studiato esaminato la combinazione ibrutinib/venetoclax con obinutuzumab nei setting R/R e di prima linea nella MCL e ha mostrato tassi di risposta e tollerabilità promettenti. Lo studio OASIS II (NCT04802590) sta studiando la combinazione ibrutinib/venetoclax e lanticorpo monoclonale anti-CD20 in prima linea nella MCL. Con questa combinazione non siamo ancora al punto della CLL, ma siamo vicini e spero che inizieremo a vedere queste combinazioni nella MCL per introdurre la terapia di inibitori di BTK a tempo limitato anche in questo setting.

LLC: SHINE

Dott. Christopher R. Flowers:
Gli altri dati presentati alla Conferenza della SOHO erano quelli dello studio SHINE, che è stato pubblicato sul New England Journal of Medicine allinizio di questanno e che ha esaminato la combinazione ibrutinib e bendamustina/rituximab in prima linea in pazienti anziani e dimostrato che laggiunta di ibrutinib forniva vantaggi. Cosa ne pensa dello studio SHINE? Come influirà il suo futuro trattamento in prima linea?

Dott.ssa Kami Maddocks:
Per quanto riguarda il ruolo del trattamento ibrutinib con bendamustina/rituximab, dobbiamo lapprovazione della FDA, se e quando ci sarà. Lo studio ha mostrato un miglioramento della PFS, ma nessuna variazione nella sopravvivenza globale. Alcune popolazioni di pazienti a rischio più elevato, come i pazienti con mutazione di TP53, variante blastoide, non hanno ottenuto un miglioramento statisticamente significativo della PFS. Questo è stato deludente perché ci aspettavamo di vedere qualche vantaggio proprio nei pazienti ad alto rischio.

A mio parere, questo regime non è adatto a tutti e il motivo non è il mancato miglioramento della sopravvivenza globale, bensì la tossicità. Sebbene vi siano stati più decessi dovuti alla progressione nel braccio bendamustina/rituximab più placebo, vi sono stati più decessi dovuti alla tossicità nel braccio bendamustina/rituximab più ibrutinib, e un numero maggiore di pazienti ha interrotto il trattamento a causa di eventi avversi. Ritengo che non sia adatto a tutti e si debba guardare al singolo paziente e che ci sono pazienti che trarrebbero vantaggio dalla combinazione. La cosa più interessante per me è il fatto di vedere i dati sulle combinazioni con gli inibitori di BTK di seconda generazione. Da un lato questa combinazione ha migliorato la PFS, ma lo ha fatto al costo della tossicità... quindi se utilizziamo un inibitore di BTK meglio tollerato o più sicuro, potremo ottenere un vantaggio privo di tossicità? Se così fosse, allora potrebbe essere un regime che vedo più indicato in prima linea.

Con questi dati, è difficile definire quale sia il migliore approccio terapeutico iniziale. Non sarebbe meglio somministrare il regime di combinazione in prima linea, anziché il regime standard bendamustina/rituximab, seguito da terapia di mantenimento con rituximab e linibitore di BTK alla progressione? Lo studio non è stato disegnato per rispondere a questa domanda, ma questo è il quesito che sorge poiché i risultati sembrano essere simili nei pazienti trattati con terapia sequenziale e con terapia di combinazione in prima linea.

Dott. Christopher R. Flowers:
Sono completamente daccordo. Questo crea unaltra opzione per i pazienti in cui si anticipa un vantaggio nel somministrare linibitore di BTK in prima linea. Ma penso che lapproccio comune della bendamustina/rituximab o di un altro regime in prima linea seguito dagli inibitori di BTK in seconda linea sia ancora unopzione molto ragionevole nella maggior parte dei pazienti.

Dott. Christopher R. Flowers:
Uno studio interessante di cui vedremo spesso i dati è lo studio randomizzato di Fase III TRIANGLE (NCT02858258) nella MCL, che valuta se gli inibitori di BTK in combinazione con la terapia nel setting del trapianto possano portare benefici nei pazienti ad alto rischio, giovani e fit per potersi sottoporre a trapianto. Cosa ne pensa dello studio e dei dati che potrebbero emergere?

Dott.ssa Kami Maddocks:
Non so quali dati emergeranno, ma questo studio vuole rispondere a due interrogativi: (1) Qual è il vantaggio di aggiungere un inibitore di BTK? E (2) qual è il vantaggio dellinibitore di BTK con o senza il trapianto? Possiamo fare a meno del trapianto e utilizzare linibitore di BTK in fase di induzione con chemioterapia combinata in fase di mantenimento oppure possiamo usare linibitore come mantenimento post-trapianto ochiaramente, non possiamo fare nulla di ciò? Ciò che vorrei vedere dallo studio è la nostra capacità di eliminare il trapianto di cellule staminali autologhe in alcuni pazienti e poterli trattare con chemioimmunoterapia combinata e un inibitore di BTK. Sarà anche interessante vedere la tossicità dellinibitore di BTK. Perché questo è stata una delle difficoltà dello studio SHINE, dove un certo numero di pazienti ha dovuto interrompere la terapia a causa della tossicità. Forse in una popolazione più giovane, la fase di mantenimento sarà meglio tollerata.

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