CLL FAQ
Risposte alle domande chiave sul trattamento ottimale per i pazienti con leucemia linfatica cronica recidivata/refrattaria

Released: December 23, 2024

Expiration: December 22, 2025

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In questa attività, gli esperti affronteranno le questioni chiave nella cura dei pazienti con leucemia linfatica cronica (CLL) recidivata/refrattaria (R/R), in base alla discussione tenutasi in un precedente webinar dal vivo. Queste risposte serviranno a fornire informazioni concrete e applicabili, che gli operatori sanitari coinvolti potranno utilizzare nella loro attività clinica. 

Quali sono i test sui biomarcatori raccomandati prima di trattare i pazienti con CLL R/R? 

Alessandra Tedeschi, MD: Raccomando di ripetere il test per la mutazione TP53 e la delezione 17p, che sono fondamentali. Presso il mio istituto, in genere non eseguiamo test per le mutazioni di resistenza agli inibitori di BTK (BTKi), perché questi risultati non alterano in genere le nostre decisioni terapeutiche considerati i farmaci al momento a nostra disposizione. 

Othman Al-Sawaf, MD: Una domanda importante da porsi a questo proposito sarebbe: se un paziente ha acquisito una nuova alterazione TP53 o qualsiasi altra mutazione, in che misura il trattamento verrà influenzato? La chemioimmunoterapia non verrebbe utilizzata nel contesto della recidiva. Mancano dati con regimi a durata fissa (ad es. venetoclax più un anticorpo anti-CD20) nel contesto della CLL con mutazione TP53/delezione 17p ad alto rischio. Tuttavia, in generale, le stesse considerazioni valgono anche per la terapia di prima linea. Credo che la maggior parte dei medici preferisca un trattamento continuo per i pazienti con queste alterazioni ad alto rischio, e questo potrebbe orientare la decisione di somministrare al paziente un BTKi dopo la chemioimmunoterapia, anche se non ci sono dati definitivi che dimostrino che il trattamento a durata fissa sia meno efficace del trattamento continuo in questo contesto.   

Farrukh T. Awan, MD, MS, MBA: Un punto da sottolineare è che è possibile che un paziente possieda una mutazione della cisteina 481 su BTK mentre riceve un BTKi covalente, ma sia clinicamente asintomatico e presenti una leucocitosi molto ridotta e senza linfadenopatia significativa. Personalmente, ritengo che la teoria della resistenza non sia ancora esatta. In alcuni casi, le mutazioni di resistenza BTK sono state rilevate fino a 18 mesi prima di qualsiasi evidenza di progressione clinica. Inoltre, i BTKi possono essere continuati con beneficio clinico per un periodo di tempo considerevole con una mutazione della cisteina 481 su BTK a bassa frequenza. Alcuni pazienti non mostrano evidenza clinica di progressione della malattia, anche con un'alta percentuale di cellule con queste mutazioni di resistenza; al contrario, alcuni con evidenza clinica di progressione hanno una piccola percentuale di cellule resistenti. È necessaria cautela quando si decide se cambiare terapia immediatamente dopo che un paziente ha sviluppato una mutazione della cisteina 481 su BTK.   

Come scegliere tra un inibitore covalente BTKi e una terapia a base di venetoclax per un paziente in seconda linea?    

Othman Al-Sawaf, MD: Per i pazienti con CLL recidivata dopo chemioimmunoterapia che non hanno una malattia ad alto rischio (cioè, nessuna delezione 17p o mutazione TP53), hanno uno stato di IGHV non mutato o mutato e sono più giovani, preferisco somministrare un trattamento di durata limitata, soprattutto sulla base della quantità di dati pubblicati (ad es. lo studio MURANO). Esistono anche dati sul trattamento mirato con un BTKi. Tuttavia, ci sono dati molto limitati sull'uso di venetoclax dopo il trattamento con BTKi. Pertanto, in questi pazienti, raccomando un trattamento a durata fissa quando possibile.   

Qual è la durata ottimale della terapia a base di venetoclax per la CLL R/R? 

Othman Al-Sawaf, MD: Non credo che sia chiaro. Lo studio MURANO (in cui i pazienti con CLL R/R sono stati trattati con venetoclax a durata fissa più rituximab, con il trattamento continuato con venetoclax fino a 2 anni) ha dimostrato che dopo 15-16 cicli di terapia a base di venetoclax, l'approfondimento delle remissioni con venetoclax durante la terapia continua è stato minimo. Pertanto, il completamento del secondo anno di venetoclax non ha aumentato sostanzialmente la frazione di negatività della malattia minima residua (MRD); anzi, è diminuita. In generale, quando uso venetoclax più obinutuzumab nel contesto della recidiva, valuto i livelli di MRD dopo 1 anno e interrompo la terapia se i pazienti sono negativi alla MRD. Lo stesso risultato può essere possibile con venetoclax più rituximab in pazienti con negatività alla MRD raggiunta dopo 1 anno. Un vantaggio di avere un anticorpo anti-CD20 più potente, come obinutuzumab, è che i tassi di MRD non rilevabile sono più alti, quindi si potrebbe ridurre la durata del trattamento.   

Considero la terapia continua con venetoclax nei pazienti con una mutazione TP53. È importante notare che attualmente non ci sono dati solidi provenienti da uno studio randomizzato su venetoclax in questo contesto, ma in base agli studi VENICE I e agli studi preliminari M13-982, si ottiene un buon controllo della malattia con venetoclax nel contesto post-BTKi nei pazienti con una mutazione TP53.   

Come si determina il momento in cui effettuare il ritrattamento con la terapia a base di venetoclax in funzione della durata di una risposta precedente?  

Farrukh T. Awan, MD, MS, MBA: Nelle recenti discussioni per le linee guida nazionali, i miei colleghi ed io abbiamo stabilito in modo piuttosto arbitrario che se un paziente ha avuto una remissione di durata superiore a 2 anni dopo la conclusione di un regime a base di venetoclax a durata fissa, è ragionevole considerare il ritrattamento con la terapia a base di venetoclax. Qual è stata la vostra esperienza in merito e ci sono dati in grado di orientare questa decisione? In quali casi ci si può aspettare che il trattamento con venetoclax sia efficace nel contesto del ritrattamento, e in che misura?

Othman Al-Sawaf, MD: Mancano dati prospettici su questo argomento. In generale, la maggior parte delle vere progressioni della malattia dopo la terapia a base di venetoclax si verificherà dopo 2 anni, quindi con questo limite arbitrario, probabilmente il ritrattamento potrà essere effettuato in sicurezza. Probabilmente non esiste una risposta definitiva; alcuni pazienti potrebbero beneficiare di un trattamento continuo o di un ritrattamento precoce, perché sono stati trattati per un periodo troppo breve. Se questi pazienti avessero ricevuto un trattamento più lungo, si sarebbe potuta ottenere la negatività della MRD e una remissione più stabile. Tuttavia, alcuni pazienti potrebbero effettivamente mostrare una perdita di risposta durante il trattamento. A livello di sequenziamento profondo, questi pazienti possono registrare un aumento delle dimensioni dei cloni durante gli ultimi cicli di venetoclax. Non varrebbe la pena ritrattare tali pazienti. Pertanto, credo che 2 anni sia un limite ragionevole, per ora, perché clinicamente questo lasso di tempo rende improbabile che i pazienti siano trattati in modo eccessivo o insufficiente.   

Lo studio ReVenG, attualmente in corso e condotto anche in Italia e negli Stati Uniti, sta valutando i pazienti che hanno raggiunto almeno 1 anno di remissione con la terapia a base di venetoclax e sono stati sottoposti a ritrattamento. Una coorte include pazienti che hanno avuto una recidiva dopo 1 anno, con la maggior parte che ha sperimentato 2 anni di remissione, il che riflette l'incertezza in questo contesto.   

Quando si considera la terapia con pirtobrutinib? 

Farrukh T. Awan, MD, MS, MBA: Mi sento a mio agio nel prescrivere pirtobrutinib nel contesto post-BTKi e post-inibitore BCL-2 (BCL-2i), o "doppia esposizione", ma preferisco un BTKi covalente, seguito da un BCL-2i e poi da un BTKi non covalente. In assenza di dati provenienti da studi di prima linea, limito l'uso di pirtobrutinib al contesto di “doppia esposizione”.   

Una questione in sospeso è se tutti gli inibitori della via BTK debbano essere utilizzati prima di passare a un BCL-2i. Questo approccio non è irragionevole, ma attualmente credo che venetoclax funzioni bene dopo la terapia BTKi. Pirtobrutinib è approvato dalla FDA per gli adulti con CLL/linfoma linfocitico a piccole cellule che hanno ricevuto 2 o più linee di terapia precedenti, tra cui un BTKi e un BCL-2i, e questa è la popolazione sula quale preferisco usare questo agente attualmente.  

Othman Al-Sawaf, MD: Sono assolutamente d'accordo. Penso che venetoclax nel contesto post-BTKi rimanga un'opzione praticabile. Credo che il modo migliore per prevenire la refrattarietà sia limitare il trattamento.   

Quando considerare la terapia con cellule CAR T per la CLL R/R?  

Farrukh T. Awan, MD, MS, MBA: La terapia con cellule CAR T è molto promettente, ma in generale è efficace solo nel 20-30% dei pazienti con CLL R/R, in termini di dati di risposta completa con lisocabtagene maraleucel. Rimane la necessità di identificare il sottogruppo di pazienti per i quali la terapia con cellule CAR T può avere il miglior risultato. Ho visto pazienti con malattia altamente refrattaria (cioè 7 precedenti linee di terapia) che hanno risposto bene alla terapia con cellule CAR T. Fortunatamente, non esiste un'enorme popolazione di pazienti veramente refrattari sia alla terapia con BTKi covalenti che a quella a base di venetoclax. I pazienti che non sono veramente doppiamente refrattari possono rispondere meglio con la terapia con cellule CAR T, probabilmente a causa della loro migliore biologia della malattia.  

Il medico deve inoltre valutare come far passare i pazienti con malattia doppiamente refrattaria alla terapia CAR T. Pirtobrutinib può essere un'opzione efficace, poiché è ben tollerato in questo contesto; questa è la mia opzione preferita appena prima della terapia con cellule CAR T. Ad eccezione di un BTKi non covalente, gli inibitori della PI3 chinasi mostrano solo un'attività molto modesta. La chemioterapia nella maggior parte di questi pazienti non è molto efficace. La bendamustina non deve essere utilizzata a causa di potenziali difetti provocati nelle cellule T subito prima della terapia con le cellule CAR T.   

Un altro problema attuale che i medici devono affrontare è come comportarsi quando i pazienti sono positivi alla MRD dopo la terapia con cellule CAR T. Non è chiaro quando o se questi pazienti debbano essere reinseriti in terapia con pirtobrutinib o come procedere con il trattamento. 

Cosa ne pensate? 

Quali sono secondo voi i maggiori ostacoli alla terapia ottimale per i pazienti con CLL R/R? Avete utilizzato agenti più recentemente approvati, come pirtobrutinib e lisocabtagene maraleucel, nella vostra pratica clinica? Se sì, qual è stata la vostra esperienza con questi agenti? Rispondete alla domanda del sondaggio e unitevi alla conversazione pubblicando un commento nella sezione di seguito.

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1.

In quale dei seguenti contesti pirtobrutinib è approvato dalla FDA per i pazienti con CLL?

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